"La parola è la luce che rende la vita del buio: nel buio è difficile vedere e vedersi, nel buio è difficile riconoscere e riconoscersi, nel buio è difficile accorgersi degli altri, di noi, del mondo..eppure ci siamo noi, ci sono gli altri, c’è un mondo..che solo la luce, illuminando, scopre.."
(da "Parole.." di A. Belsito)
E’ uno di quei cuori che si disegnano sul diario con dedizione, è uno di quei cuori che si colorano sui muri con scrupolosità, è uno di quei cuori incollati a un pupazzo.
Non si vuol sentire parlare di due cuori, bensì di un unico cuore; unico proprio come l’amore che si condivide.
Uniti dall'amore in un cuore che diventa il sogno di una coppia, giovani o anziani che siano.
E’ un collante rosso che lega.
Le mani unite le une nelle altre, le braccia intrecciate per non lasciare sfuggire l’intensità del sentimento, gli sguardi incrociati per non perdere mai di vista quel palpito che fa venire il magone dentro.
E’ l’amore.
Sorridono gli istanti e si cerca, in ogni modo, di renderli eterni perché non si vuol finire mai di sentire baci e carezze.
Scorrono versi su fogli di carta, su bigliettini di auguri, sullo specchio della stanza o sulla torta del compleanno.
Il tempo sembra saldare sempre più i cuori sino a fonderli, sino a renderli l’uno nell'altro.
E’ la felicità di essersi trovati, è la gioia di essersi conosciuti, è l’orgoglio di poter gridare: “TI AMO”.
Tutto il resto sembra divenire più bello.
E' una coppia che si conosce e si riconosce in uno sguardo e si congiunge col cuore.
E' una coppia e si trovano l’uno difronte all'altro.
E' una coppia.
Lasciano il profumo dell’amore lungo il loro percorso: il cuore diventa il più bel viaggio.
Si uniscono divertiti dai palpiti incessanti, si uniscono entusiasti dei sospiri profondi, si uniscono.
Baci, abbracci, carezze, parole sussurrate, intrecci di corpi e di cuori sudati, sguardi sentiti, lenzuola che sfilano sotto l’incedere del bene più profondo.
Si vivono perché ci sono.
Si amano.
“Ti amo..ti amo..ti amo”.
Quel ti amo diventa il ritornello della vita di coppia, proprio come fosse la più bella canzone mai sentita.
Gira il disco mentre le note scandiscono un valzer.
A un tratto, un grido.
A un tratto, quegli sguardi diventano strazio.
A un tratto, quel cuore diventa due cuori disuniti.
Le mani si disgiungono, così come le braccia.
Le labbra sembrano respingersi.
Le gambe si allontanano.
Si sente una folata di vento gelido mentre l’autunno, all'imbrunire, colora di grigio le foglie.
Si trascina un corpo più dell’altro ferito da un graffio.
Immobile giace l’altro corpo ferito da un fendente.
Muoiono come se la morte fosse il regalo più dolce.
Una lacrima scende come fosse petalo che cade.
Rimane il silenzio assordante.
Rimangono le orme di un valzer ritmato dal sangue in cui l’innocenza della vittima diviene la rabbia dell’omicida.
Eppure, quell'omicida grida all'amore.
Eppure, quella vittima grida: amore.
Amore.
(Video di Michele e Antonio Belsito - Copyright 2013)
Era un nero, così come i bianchi che vivevano il Sudafrica.
Era un nero che, però, si accorse di non essere proprio come i bianchi
perché i bianchi non volevano essere così come i neri.
Era un U O M O.
Era uno dei pochi U O M I N I che riuscì a essere orgoglioso di una
condanna all'ergastolo e che patì tale pena solo perché lottava
contro le discriminazioni razziali, in favore dei diritti umani.
Fu condannato all'ergastolo solo perché amava e sognava che TUTTI
GLI UOMINI potessero riconoscersi come tali al fine di rendere il senso di
un’esistenza che è la pacifica condivisione di volontà e pensieri per divenire
popolo della terra.
Fu condannato all'ergastolo solo perché desiderava guardare negli
occhi un bianco così come un nero perché erano e sono le stesse persone.
Fu condannato all'ergastolo perché da giovane avvocato aiutava,
mediante prestazioni gratuite, i più deboli, oppressi dalle ingiustizie
finalizzate allo sfinimento arbitrario dettato dai più forti.
Fu condannato all'ergastolo solo perché credeva nella solidarietà
umana quale incipit di una vita che è riconoscersi per
condividere e costruire il bene.
Sorrideva nella cella 4 6 6 6 4 e leggeva poesie.
Leggeva versi Madiba – in cella - perché la vita non poteva che essere la
poesia del cuore, di quel cuore che era ed è in ognuno degli occupanti la
terra.
Sentiva i palpiti Madiba – in cella - perché l’occasione più bella per
sentirsi U O M I N I è fermarsi - un istante - per ascoltare la vita.
Scriveva Madiba – in cella - perché le parole più belle sono quelle che si
scrivono sobbarcandosi la sofferenza di un’ingiustizia imposta da altri che
della giustizia ne fanno solo “proselitismo”.
Era un prigioniero Nelson Mandela.
Era un prigioniero “privilegiato”.
Trascorreva le sue ore in una cella stretta e umida, catturato da sbarre e
muri di cemento armato solo perché aveva pronunciato la parola L I B E R T A’.
Quel pensiero, quella riflessione, quel diritto assoluto di L I B E R T A’
gli costò la prigionia, “una prigionia a vita” che, “fortunatamente”, durò più
di un ventennio solo perché qualcuno ne riconobbe la ragionevolezza delle
riflessioni esistenziali espresse.
Durò solo un ventennio perché qualcuno capì che i neri vivevano nel fango,
bagnati dagli sputi dei bianchi, insultati dalla povertà indotta, ammassati su
terreni dissestati, concessi dai predetti bianchi solo per tenersi “lontano”.
Durò solo un ventennio perché qualcuno si accorse che i neri partorivano
figli già morti.
Però, durò un ventennio.
Nelson Mandela, detto Madiba, era un A U T E N T I C O figlio di questa
terra.
Nelson Mandela, detto Madiba, era un U O M O V E R O E
C O R A G G I O S O perché combatteva le ingiustizie e le oppressioni, consumate per soggiogare e comandare i più deboli.
Nelson Mandela, detto Madiba, aveva una testa, due occhi, due orecchie, due
braccia, due gambe, due piedi e un CUORE protesi al bene comune, a quel bene che
è la volontà di essere comunità, di essere U O M O/I N D I V I D U O in una
collettività detta terra, di esserci su questa terra.
Nelson Mandela, detto Madiba, era un POLITICO degno della dizione e del
significato perché la sua azione ha realizzato i diritti politici, civili e
sociali di tutti, neri e bianchi, forti e deboli, perché gli uomini hanno – t u
t t i – una testa, due occhi, due orecchie, due braccia, due gambe, due piedi e
un “cuore”.
Ecco perché Nelson Mandela, detto Madiba, gridò:
L I B E R T A’ .
Madiba pronunciò la parola L I B E R T A’ perché non c’è nessuna ragione
che possa sostenere la superiorità di un uomo rispetto a un altro o di un
popolo rispetto a un altro.
Madiba pronunciò la parola L I B E R T A’ perché non c’è nessuna ragione
per costruire bombe atomiche o caccia bombardieri o navi militari.
Madiba pronunciò la parola L I B E R T A’ perché non c’è nessuna ragione
per calpestare i diritti dei più deboli poiché anche i più deboli sanno essere
destinatari di doveri purché tali doveri non siano la scelta arbitraria - di
qualche pseudo uomo - finalizzata a rendere schiavi e a calpestare la dignità come fosse pozzanghera.
Madiba ha sempre creduto che la D I G N I T A’ di un solo U O M O è ciò che
di più prezioso possa esserci: o s s i g e n o.
“ U N I T E V I , M O B I L
I T A T E V I, L O T T A T E. ”
Voglio dirti senza astenermi perché
quando ti guardo per dirti sento brulicare in me così tanto che devo sfogare.
Non posso trattenermi. Devo dirti.
Cosa vuoi che non ti dica?
Che i tuoi occhi sono il mio viaggio
in te..che la tua bocca e' il desiderio furibondo di un bacio..che i tuoi seni,
così come le tue gambe, sono palpiti delle più tenere carezze perché non riesco
a non guardarti senza che il cuore acceleri così tanto da strattonarmi.
Voglio raccontarti dei miei occhi
pigri appena sveglio, dell'ansia che mi assale mentre preparo il caffè perché
penso al domani, della paura che m'insegue appena la pianta del mio piede tocca
la strada, della voglia di stringere tutta la rabbia in un pugno per poi
aprirlo e renderne petali.
"...perché
non è quello che noi diamo a noi stessi ma quello che noi diamo agli altri a
renderci immortali...quella verità di proporsi per costruire e non per
mascherare...quella verità che è ciò che noi possiamo dare agli altri e gli
altri possono dare a noi...
"
La trasposizione video del mio "QUANDO" è stato il collante tra il
cuore "buttato" nell'inchiostro e l'occhio che vede/guarda quel
cuore. E' proprio alzando gli occhi che ci si ritrova. Insieme. "(A. Belsito)
Giuseppe Verdi
scriveva le note di un’ITALIA trionfante: un’ITALIA in preda all’orgoglio di
riuscire a essere PATRIA perché i CITTADINI (rectius: gli ITALIANI) c’erano e si facevano sentire.
Erano gli
ITALIANI del Risorgimento, erano gli ITALIANI della Rinascita.
Erano gli
ITALIANI che sapevano guardarsi negli occhi con la benevola rabbia di sentirsi
tutti partecipi di un cambiamento migliorativo.
Erano quegli
ITALIANI che non riuscivano a stare fermi, guardando gli altri operare per la
PATRIA.
Era la PATRIA.
Si, PATRIA.
Era il senso
delle esistenze che contribuivano, ciascuna secondo il proprio specifico apporto,
a sentirsi TUTTI ITALIANI in un’UNICA ITALIA.
Era il senso del
DOVERE e la delicatezza dell’ONORE.
Era un sentirsi
UOMINI e come tali un essere TUTTI PER TUTTI.
Si remava nella
stessa direzione: ci si accaniva a prendere i remi in mano senza risparmiarsi
perché su quella barca si era INSIEME e il mare si affrontava INSIEME.
INSIEME.
“VA PENSIERO..”.
L’energia di
quelle note rendeva la “coraggiosa forza” di essere soggetto, predicato e
complemento: TUTTI SIAMO TUTTO.
Oggi, neanche il
pensiero permane.
E’ un turbinio
d’istintività che alimenta il naufragio: quei remi restano in balia delle onde
senza più una mano a volerne la direzione.
Si abbandonano i
remi per cercare le scialuppe; si sa che abbandonando i remi servono le
scialuppe.
Ma perché
abbandonare i remi?
Perché si è
comandanti di una nave per stemma araldico, per manna dal cielo, per
incoronazione lobbistica, per battesimo ma non per competenza.
E’ bello
fregiarsi dei gradi di comandante in un mare sereno.
E’, altrettanto,
bello sgusciare ostriche col sole in poppa.
Ma il timone (i
remi) ?
Bè…basta avere
garanzia della scialuppa per disinteressarsene.
Il resto non
conta.
Eppure, quel
resto è un POPOLO: sono uomini e donne, bambini e bambine, anziani e anziane,
vecchi e vecchie, animali.
Eppure, quel
POPOLO ha combattuto due guerre, resistito a soprusi, affrontato regimi per essere
UNITA’.
Eppure, se oggi
“qualcuno” bivacca è perché molti di quel POPOLO sono morti per la FIEREZZA di
poter gridare:
ITALIA!
Appartenevano a
quel POPOLO coloro che hanno dato (o donato) una SPINA DORSALE all’ITALIA,
insegnando che anche su una semplice carta si può scrivere il destino di un
POPOLO di PATRIA: la COSTITUZIONE.
Perché la
COSTITUZIONE?
Perché si erano
IMMOLATE VITE per combattere i soprusi: mamme nel nero di un pianto disperato,
mogli con prole come fossero cuccioli abbandonati, sorelle in attesa di ritorni
mai avvenuti.
La COSTITUZIONE
è il suggello di quel SIAMO TUTTI POPOLO che , oggi, viene sbandierato come
DEMOCRAZIA.
TUTTI ERANO
TUTTI. TUTTI.
LAVORO,
UGUAGLIANZA, SOLIDARIETA’, DIGNITA’.
La COSTITUZIONE
è il suggello del “BASTA PIU’ SOPRUSI!!”.
Era quello il
POPOLO che esportava modi di essere e di operare (Know How o made in Italy) in
tutto il mondo: dalla telefonia all’informatica, dall’abbigliamento
all’automobilismo, dalla ristorazione all’artigianato, dalle siderurgia alla metallurgia,
dal’agricoltura al turismo, dall’istruzione all’arte.
Era DEMOCRAZIA.
Oggi i partiti
“inciuciano”, i politici “ciucciano”, le balie spariscono.
C’era un tempo
in cui anche le ideologie in antitesi si ritrovavano per sostenere
l’ITALIA, a prescindere dal colore o dal colorante.
C’era un tempo
in cui gli antagonisti si stringevano le mani per suffragare una RAGIONE: l’INTERESSE
PUBBLICO.
C’era un tempo
in cui, pur di rendere agi i disagi, i RAPPRESENTANTI DEL POPOLO si riunivano
in una locanda perché appartenevano a TUTTI, senza relegarsi nelle stanze del
potere per i pochi.
C’era un tempo
in cui la LEGGE significava CERTEZZA di un RISPETTO CIVILE.
C’era un tempo
in cui la GIUSTIZIA era garanzia di quel RISPETTO CIVILE.
C’era un tempo
in cui l’ESECUTIVO (nella sua accezione di governo in senso ampio, esercitato
attraverso istanze politiche che erano istanze di tutta la GENTE) era lo
specchio del POPOLO.
C’era un tempo.
Oggi, c’è sempre
tempo per calarsi le braghe.
Infatti, gridano
che:
- - la COSTITUZIONE va “rottamata”;
- - la LEGGE va usurpata a tutela dei più forti;
- - il LAVORO (inteso quale occupazione) va
“elemosinato”;
- - le PENSIONI dei più deboli vanno cancellate;
- - i rimborsi elettorali e i vitalizi vanno
incrementati;
- - i DISAGIATI vanno “ghettizzati”;
- - i GIOVANI vanno “comprati”;
- - i LAVORATORI vanno minacciati.
Il POPOLO va
soggiogato col bisogno e non accolto nel DIRITTO.