martedì 31 dicembre 2013

ETERNITA' di Antonio Belsito

Tutto ciò che ci rimane 
passerà 
sarà 
eternità. 
Di acqua e di fuoco,
di ossigeno e di anidride carbonica,
di gas, di liquido o di solido,
di sole e di tempesta,
di certezza.
Tutto ciò che ci rimane 
passerà 
sarà 
eternità.
Un volo sulla terra
e una passeggiata in cielo,
radenti per sentire 
il vero.
Un battito e un magone, 
tra felicita' e dolore 
nell'incedere delle ore.
Un sogno 
ancora aperto
sotto un tetto.
Tra le stelle,
sulla luna,
un tuffo
su una nuvola.
Una mano,
una contorsione di braccia,
un bacio in uno sguardo
e sentire ciò che sarà, 
seppur passera'.
Eternità.



(Foto: http://instagram.com/antoniobelsito - Copyright2013)

giovedì 26 dicembre 2013

Buon Natale di Antonio Belsito




Ho sentito di stelle illuminare,
ho visto lune sognare,
ho toccato cieli e mari,
ho gustato quadri:
l’odore della vita,
la fatica della salita,
il vino buono in gita,
l’acqua salata,
il participio passato “scalata”,
l’ansia in ascensore,
una lacrima d’amore,
un giorno di furore,
la fuga dal rancore,
il ticchettio e le ore.
Poi, la solitudine
come fosse similitudine della moltitudine;
ancora la gratitudine di un sorriso
che colora il viso,
il magone di uno sguardo
sia buono che bugiardo,
il coraggio di affrontare
e la voglia di considerare..
..la corazza per rimpinguare la stazza..
..”ah!” anche l’abito per fare il monaco..
..”ammazza!”.

Il giudizioso e il giudicare,
la zattera per salpare,
lo specchio da arrampicare,
l’ancora per atterrare.

Però è bella
perché c’è tanto da fare
e da imparare
e, comunque, è inquieta
e sorprendente come il mare.
Ah! Dimenticavo..
.. ho visto anche farfalle volare.


BUON NATALE


(In Video:Antonio Belsito-Copyright 2013)

martedì 17 dicembre 2013

STOP ALLA VIOLENZA SULLE DONNE (STOP VIOLENCE AGAINST WOMEN) di Antonio Belsito




E’ un cuore.

E’ uno di quei cuori che si disegnano sul diario con dedizione, è uno di quei cuori che si colorano sui muri con scrupolosità, è uno di quei cuori incollati a un pupazzo.
Non si vuol sentire parlare di due cuori, bensì di un unico cuore; unico proprio come l’amore che si condivide.
Uniti dall'amore in un cuore che diventa il sogno di una coppia, giovani o anziani che siano.

E’ un collante rosso che lega.

Le mani unite le une nelle altre, le braccia intrecciate per non lasciare sfuggire l’intensità del sentimento, gli sguardi incrociati per non perdere mai di vista quel palpito che fa venire il magone dentro.

E’ l’amore.

Sorridono gli istanti e si cerca, in ogni modo, di renderli eterni perché non si vuol finire mai di sentire baci e carezze.
Scorrono versi su fogli di carta, su bigliettini di auguri, sullo specchio della stanza o sulla torta del compleanno.
Il tempo sembra saldare sempre più i cuori sino a fonderli, sino a renderli l’uno nell'altro.
E’ la felicità di essersi trovati, è la gioia di essersi conosciuti, è l’orgoglio di poter gridare: “TI AMO”.

Tutto il resto sembra divenire più bello.

E' una coppia che si conosce e si riconosce in uno sguardo e si congiunge col cuore.
E' una coppia e si trovano l’uno difronte all'altro.
E' una coppia.

Lasciano il profumo dell’amore lungo il loro percorso: il cuore diventa il più bel viaggio.

Si uniscono divertiti dai palpiti incessanti, si uniscono entusiasti dei sospiri profondi, si uniscono.
Baci, abbracci, carezze, parole sussurrate, intrecci di corpi e di cuori sudati, sguardi sentiti, lenzuola che sfilano sotto l’incedere del bene più profondo.  
Si vivono perché ci sono.
Si amano.

Ti amo..ti amo..ti amo”.

Quel ti amo diventa il ritornello della vita di coppia, proprio come fosse la più bella canzone mai sentita.
Gira il disco mentre le note scandiscono un valzer.

A un tratto, un grido.
A un tratto, quegli sguardi diventano strazio.
A un tratto, quel cuore diventa due cuori disuniti.

Le mani si disgiungono, così come le braccia.
Le labbra sembrano respingersi.
Le gambe si allontanano.
Si sente una folata di vento gelido mentre l’autunno, all'imbrunire, colora di grigio le foglie.
Si trascina un corpo più dell’altro ferito da un graffio.
Immobile giace l’altro corpo ferito da un fendente.

Muoiono come se la morte fosse il regalo più dolce.
Una lacrima scende come fosse petalo che cade.

Rimane il silenzio assordante.
Rimangono le orme di un valzer ritmato dal sangue in cui l’innocenza della vittima diviene la rabbia dell’omicida.

Eppure, quell'omicida grida all'amore.
Eppure, quella vittima grida: amore.


Amore.



(Video di Michele e Antonio Belsito - Copyright 2013)

venerdì 6 dicembre 2013

MADIBA di Antonio Belsito



"Non c’è nessuna strada facile per la libertà."
(Nelson Mandela)


Era un nero.
Era un nero, così come i bianchi che vivevano il Sudafrica.
Era un nero che, però, si accorse di non essere proprio come i bianchi perché i bianchi non volevano essere così come i neri.

Era un U O M O.

Era uno dei pochi U O M I N I che riuscì a essere orgoglioso di una condanna all'ergastolo e che patì tale pena solo perché lottava contro le discriminazioni razziali, in favore dei diritti umani.

Fu condannato all'ergastolo solo perché amava e sognava che TUTTI GLI UOMINI potessero riconoscersi come tali al fine di rendere il senso di un’esistenza che è la pacifica condivisione di volontà e pensieri per divenire popolo della terra.
Fu condannato all'ergastolo solo perché desiderava guardare negli occhi un bianco così come un nero perché erano e sono le stesse persone.
Fu condannato all'ergastolo perché da giovane avvocato aiutava, mediante prestazioni gratuite, i più deboli, oppressi dalle ingiustizie finalizzate allo sfinimento arbitrario dettato dai più forti.
Fu condannato all'ergastolo solo perché credeva nella solidarietà umana quale incipit di una vita che è riconoscersi per condividere e costruire il bene.

Sorrideva nella cella 4 6 6 6 4 e leggeva poesie.

Leggeva versi Madiba – in cella - perché la vita non poteva che essere la poesia del cuore, di quel cuore che era ed è in ognuno degli occupanti la terra.
Sentiva i palpiti Madiba – in cella - perché l’occasione più bella per sentirsi U O M I N I è fermarsi - un istante - per ascoltare la vita.
Scriveva Madiba – in cella - perché le parole più belle sono quelle che si scrivono sobbarcandosi la sofferenza di un’ingiustizia imposta da altri che della giustizia ne fanno solo “proselitismo”.

Era un prigioniero Nelson Mandela.
Era un prigioniero “privilegiato”.

Trascorreva le sue ore in una cella stretta e umida, catturato da sbarre e muri di cemento armato solo perché aveva pronunciato la parola L I B E R T A’.
Quel pensiero, quella riflessione, quel diritto assoluto di L I B E R T A’ gli costò la prigionia, “una prigionia a vita” che, “fortunatamente”, durò più di un ventennio solo perché qualcuno ne riconobbe la ragionevolezza delle riflessioni esistenziali espresse.
Durò solo un ventennio perché qualcuno capì che i neri vivevano nel fango, bagnati dagli sputi dei bianchi, insultati dalla povertà indotta, ammassati su terreni dissestati, concessi dai predetti bianchi solo per tenersi “lontano”.
Durò solo un ventennio perché qualcuno si accorse che i neri partorivano figli già morti.

Però, durò un ventennio.

Nelson Mandela, detto Madiba, era un A U T E N T I C O figlio di questa terra.
Nelson Mandela, detto Madiba, era un U O M O  V E R O  E   C O R A G G I O S O perché combatteva le ingiustizie e le oppressioni, consumate per soggiogare e comandare i più deboli.
Nelson Mandela, detto Madiba, aveva una testa, due occhi, due orecchie, due braccia, due gambe, due piedi e un CUORE protesi al bene comune, a quel bene che è la volontà di essere comunità, di essere U O M O/I N D I V I D U O in una collettività detta terra, di esserci su questa terra.
Nelson Mandela, detto Madiba, era un POLITICO degno della dizione e del significato perché la sua azione ha realizzato i diritti politici, civili e sociali di tutti, neri e bianchi, forti e deboli, perché gli uomini hanno – t u t t i – una testa, due occhi, due orecchie, due braccia, due gambe, due piedi e un “cuore”.

Ecco perché Nelson Mandela, detto Madiba, gridò: 
L I B E R T A’ .

Madiba pronunciò la parola L I B E R T A’ perché non c’è nessuna ragione che possa sostenere la superiorità di un uomo rispetto a un altro o di un popolo rispetto a un altro.

Madiba pronunciò la parola L I B E R T A’ perché non c’è nessuna ragione per costruire bombe atomiche o caccia bombardieri o navi militari.

Madiba pronunciò la parola L I B E R T A’ perché non c’è nessuna ragione per calpestare i diritti dei più deboli poiché anche i più deboli sanno essere destinatari di doveri purché tali doveri non siano la scelta arbitraria - di qualche pseudo uomo - finalizzata a rendere schiavi e a calpestare la dignità come fosse pozzanghera.

Madiba ha sempre creduto che la D I G N I T A’ di un solo U O M O è ciò che di più prezioso possa esserci: o s s i g e n o.


U N I T E V I , M O B I L I T A T E V I, L O T T A T E. 

(NELSON MANDELA)

(Copyright 2013)

giovedì 5 dicembre 2013

venerdì 22 novembre 2013

Voglio dirti.. di Antonio Belsito




E' bello dirti tutto ciò che si può dire. 
Ci si può ascoltare. 

Voglio dirti senza astenermi perché quando ti guardo per dirti sento brulicare in me così tanto che devo sfogare.
Non posso trattenermi. Devo dirti. 

Cosa vuoi che non ti dica?

Che i tuoi occhi sono il mio viaggio in te..che la tua bocca e' il desiderio furibondo di un bacio..che i tuoi seni, così come le tue gambe, sono palpiti delle più tenere carezze perché non riesco a non guardarti senza che il cuore acceleri così tanto da strattonarmi.
Voglio raccontarti dei miei occhi pigri appena sveglio, dell'ansia che mi assale mentre preparo il caffè perché penso al domani, della paura che m'insegue appena la pianta del mio piede tocca la strada, della voglia di stringere tutta la rabbia in un pugno per poi aprirlo e renderne petali.

Voglio dirti.
Non so non dirti.



(Dipinto di Aldo Tomaino - Copyright 2013)

venerdì 15 novembre 2013

Si muore.. di Antonio Belsito



Non sapevo si potesse morire più volte. 
Si, più volte. 
Non si resuscita ma si muore mentre si vive.
Non sapevo si potesse morire, vivendo.
Eppure..si muore.
Si muore perché vogliamo morire..si muore perché ci fanno morire. 
Si muore perché non siamo capiti e non si capisce.
Si muore perché si sprofonda nell'ambiguo . 
Si muore perché non si comprende ciò che è più facile comprendere: siamo uomini, siamo finiti, siamo mortali.
Si muore perché non si accetta di essere fallaci ma si muore anche perché non si è accettati come fallaci.
Si muore perché ci si ritrova soli senza capire perché gli altri sono in compagnia o perché le compagnie non sono sole.
Si muore.
Si muore perché ciò che si è lo si nasconde in casa.
Si muore per timidezza.
Si muore e non si sa di morire mentre si sta morendo.
Si muore perché si pensa di essere cugini, nipoti, zii,nonni,genitori e figli; si muore perché si da troppo per scontato.
Si muore perché si pensa di essere medico, sciacquino o avvocato.
Muore anche il malato.
Si muore perché si crede quando non bisogna credere o non si crede quando bisogna credere. 
Si muore in un bicchiere d'acqua.
Si muore perché la luna non compare o perché una stella cadente non mente.
Si muore in una marea o nella quiete del mare.
Si muore.
Si muore coppia o si muore individui.
Si muore soffocati dai baci o dagli abbracci e si muore anche perché quei baci o quegli abbracci sono ma non ci sono.
Si muore in una stretta di mano.
Si muore perché pensiamo.
Si muore e non ci riconosciamo.
Si muore come passeri sui fili o come aquiloni legati nell'aria.




(In Video:Antonio Belsito,Aldo Tomaino,Domenico D'Agostino e Marco Calimeri - Copyright 2013)

domenica 10 novembre 2013

N O I . . di Antonio Belsito





"Ti ho sfiorato come fossi petalo
mentre la rugiada ravvivava le mie labbra.
Ti ho sentito come fossi foglia 
mentre una folata di vento lambiva i miei battiti.
Celeste, grigio, nero era il nostro sospiro 
mentre il sole diveniva rosso, 
le nuvole si nascondevano 
e la luna con le stelle sorridevano." 


(Copyright 2013)



martedì 5 novembre 2013

Insieme/Verità di Antonio Belsito




"...perché non è quello che noi diamo a noi stessi ma quello che noi diamo agli altri a renderci immortali...quella verità di proporsi per costruire e non per mascherare...quella verità che è ciò che noi possiamo dare agli altri e gli altri possono dare a noi...

Insieme. " 

(Foto: http://instagram.com/antoniobelsito - Copyright 2013)

venerdì 25 ottobre 2013

"QUANDO" in booktrailer . . . di Antonio Belsito


" La trasposizione video del mio "QUANDO" è stato il collante tra il cuore "buttato" nell'inchiostro e l'occhio che vede/guarda quel cuore. E' proprio alzando gli occhi che ci si ritrova. Insieme. " (A. Belsito)







QUANDO... NELLE LIBRERIE FELTRINELLI O SUI SITI:


domenica 13 ottobre 2013

CI CALANO LE BRAGHE!! di Antonio Belsito






ITALIA - 200 anni fa.

Giuseppe Verdi scriveva le note di un’ITALIA trionfante: un’ITALIA in preda all’orgoglio di riuscire a essere PATRIA perché i CITTADINI (rectius: gli ITALIANI) c’erano e si facevano sentire.
Erano gli ITALIANI del Risorgimento, erano gli ITALIANI della Rinascita.
Erano gli ITALIANI che sapevano guardarsi negli occhi con la benevola rabbia di sentirsi tutti partecipi di un cambiamento migliorativo.
Erano quegli ITALIANI che non riuscivano a stare fermi, guardando gli altri operare per la PATRIA.
Era la PATRIA.

Si, PATRIA.

Era il senso delle esistenze che contribuivano, ciascuna secondo il proprio specifico apporto, a sentirsi TUTTI ITALIANI in un’UNICA ITALIA.
Era il senso del DOVERE e la delicatezza dell’ONORE.
Era un sentirsi UOMINI e come tali un essere TUTTI PER TUTTI.
Si remava nella stessa direzione: ci si accaniva a prendere i remi in mano senza risparmiarsi perché su quella barca si era INSIEME e il mare si affrontava INSIEME.
INSIEME.

“VA PENSIERO..”.

L’energia di quelle note rendeva la “coraggiosa forza” di essere soggetto, predicato e complemento: TUTTI SIAMO TUTTO.

Oggi, neanche il pensiero permane.

E’ un turbinio d’istintività che alimenta il naufragio: quei remi restano in balia delle onde senza più una mano a volerne la direzione.
Si abbandonano i remi per cercare le scialuppe; si sa che abbandonando i remi servono le scialuppe.
Ma perché abbandonare i remi?
Perché si è comandanti di una nave per stemma araldico, per manna dal cielo, per incoronazione lobbistica, per battesimo ma non per competenza.
E’ bello fregiarsi dei gradi di comandante in un mare sereno.
E’, altrettanto, bello sgusciare ostriche col sole in poppa.
Ma il timone (i remi) ?
Bè…basta avere garanzia della scialuppa per disinteressarsene.

Il resto non conta.

Eppure, quel resto è un POPOLO: sono uomini e donne, bambini e bambine, anziani e anziane, vecchi e vecchie, animali.
Eppure, quel POPOLO ha combattuto due guerre, resistito a soprusi, affrontato regimi per essere UNITA’.
Eppure, se oggi “qualcuno” bivacca è perché molti di quel POPOLO sono morti per la FIEREZZA di poter gridare:

ITALIA!

Appartenevano a quel POPOLO coloro che hanno dato (o donato) una SPINA DORSALE all’ITALIA, insegnando che anche su una semplice carta si può scrivere il destino di un POPOLO di PATRIA: la COSTITUZIONE.
Perché la COSTITUZIONE?
Perché si erano IMMOLATE VITE per combattere i soprusi: mamme nel nero di un pianto disperato, mogli con prole come fossero cuccioli abbandonati, sorelle in attesa di ritorni mai avvenuti.
La COSTITUZIONE è il suggello di quel SIAMO TUTTI POPOLO che , oggi, viene sbandierato come DEMOCRAZIA.

TUTTI ERANO TUTTI. TUTTI.
LAVORO, UGUAGLIANZA, SOLIDARIETA’, DIGNITA’.

La COSTITUZIONE è il suggello del “BASTA PIU’ SOPRUSI!!”.
Era quello il POPOLO che esportava modi di essere e di operare (Know How o made in Italy) in tutto il mondo: dalla telefonia all’informatica, dall’abbigliamento all’automobilismo, dalla ristorazione all’artigianato, dalle siderurgia alla metallurgia, dal’agricoltura al turismo, dall’istruzione all’arte.

Era DEMOCRAZIA.

Oggi i partiti “inciuciano”, i politici “ciucciano”, le balie spariscono.

C’era un tempo in cui anche le ideologie in antitesi  si ritrovavano per sostenere l’ITALIA, a prescindere dal colore o dal colorante.
C’era un tempo in cui gli antagonisti si stringevano le mani per suffragare una RAGIONE: l’INTERESSE PUBBLICO.
C’era un tempo in cui, pur di rendere agi i disagi, i RAPPRESENTANTI DEL POPOLO si riunivano in una locanda perché appartenevano a TUTTI, senza relegarsi nelle stanze del potere per i pochi.
C’era un tempo in cui la LEGGE significava CERTEZZA di un RISPETTO CIVILE.
C’era un tempo in cui la GIUSTIZIA era garanzia di quel RISPETTO CIVILE.
C’era un tempo in cui l’ESECUTIVO (nella sua accezione di governo in senso ampio, esercitato attraverso istanze politiche che erano istanze di tutta la GENTE) era lo specchio del POPOLO.

C’era un tempo.

Oggi, c’è sempre tempo per calarsi le braghe.
Infatti, gridano che:
-          - la COSTITUZIONE va “rottamata”;
-          - la LEGGE va usurpata a tutela dei più forti;
-          - il LAVORO (inteso quale occupazione) va “elemosinato”;
-          - le PENSIONI dei più deboli vanno cancellate;
-          - i rimborsi elettorali e i vitalizi vanno incrementati;
-          - i DISAGIATI vanno “ghettizzati”;
-          - i GIOVANI vanno “comprati”;
-          - i LAVORATORI vanno minacciati.

Il POPOLO va soggiogato col bisogno e non accolto nel DIRITTO.

Ma loro chi sono?
Sono coloro che ci calano le braghe .


VA PENSIERO.     




(Copyright 2013)

venerdì 11 ottobre 2013

Cosa sai tu del dolore? di Antonio Belsito



Tu conosci il dolore
che strazia il cuore,
strapazza la mente,
apre ferite?
Tu conosci il dolore mentre corre,
 il dolore mentre guarda,
il dolore regalato?
Tu conosci il dolore dannato,
il dolore insensato,
il dolore affamato?
Tu conosci il dolore addormentato,
il dolore simulato,
quello affannato?
Tu conosci il dolore..
..quello santificato,
quello beato,
quello gridato?
Tu conosci il dolore
che gela la luce,
 immobilizza il buio
e corre sull’orizzonte?
Tu conosci quel dolore
mentre acchiappa le stelle,
stringe la luna
e maledice il sole?

Tu conosci il dolore?

Il dolore che ingiallisce le foglie,
il dolore che secca gli alberi,
il dolore che è fulmine,
tuono o nubifragio.
Tu conosci il dolore
mentre la zattera è in mezzo al mare,
sola,
e tu non sai che fare?
Tu conosci il dolore
mentre nel fango s’inciampa,
nella palude si resta,
il dolore che diventa festa?
Tu conosci il dolore della morte
che diviene sorte,
di occhi spenti
perché non hanno pregato i santi,
di mani disunite..
..il dolore di vite?
Tu conosci quel dolore assassino,
quel dolore iniettato
perché bisogna tacere,
quel dolore che è dovere?

Tu conosci il dolore?

Quel dolore garbato,
quel dolore raffinato,
quel dolore incravattato.
Tu conosci il dolore
mentre chinato su un libro
riconosce che non c’è nessun equilibrio?
Quel dolore che diventa la farsa
perché il sistema è tutta una salsa.
Tu conosci il dolore
del pane spezzato
duro e azzannato,
il dolore di uno schianto
da una scogliera, da una finestra o da un balcone
perché il dolore diventa la peggiore condizione?
Tu conosci il dolore
di chi è senza parole,
di chi non sente,
di chi non vede neanche la gente?
Tu conosci il dolore
che non può alzarsi,
che non può sdraiarsi
e neanche riesce a saziarsi?
Quel dolore che è tormento,
forse, lamento,
quel dolore che è un momento.

Tu conosci il dolore?

Il dolore che scorre nei fiumi,
il dolore che dorme nei laghi,
il dolore degli aghi.
Tu conosci il dolore
di quei quattro,
di quel popolo,
quel dolore che è matto?
Tu conosci il dolore
della strada che incanta?
Il dolore che sembra lontano,
quello che sembra estraneo,
il dolore che gira l’angolo
e..
Tu conosci il dolore
che piange
e non si ferma
perché ha solo lacrime
e la terra?

Tu conosci il dolore?

Il dolore non si pente.

 (COPYRIGHT 2013)