venerdì 29 marzo 2013

Il coraggio e la ragione di Antonio Belsito



"Una via - profumata di fiori e farfalle - costeggiava il dirupo; era una di quelle viuzze strette strette che, giusto con un piede avanti e l'altro indietro, poteva esser percorsa. 
La parete che costeggiava la viuzza era tutta di pietra; era un costone della montagna che sovrastava.
Siccome con un piede avanti e l'altro indietro, in quella stretta via, non era facile trovare l'equilibrio, una mano stava poggiata sul costone di roccia e l'altra pendeva, quasi, nel vuoto.
Da una parte sentivo la robustezza della fermezza, dall'altra non mi sentivo perché era il vuoto..chiamatela pure leggerezza.
Intanto, gocce di sudore segnavano i miei passi: forse era paura, forse era ragione.
Ma...
..neanche un passo in più che la vidi.
Fu sorriso."


(Foto: http://instagram.com/antoniobelsito - Copyright 2013)

martedì 26 marzo 2013

5 MAGLIONI di Antonio Belsito



Leggo la notizia e immagino la storia.
Una sceneggiatura che si dipana tra rabbia e voglia di vivere: “Ruba 5 maglioni per riparare i fratelli dal freddo”.
Verrebbe da pensare a una trama alla Lupin, foriera di destrezza e attitudine al furto, o, ancora, a una scena di Robin Hood pronto a sostenere i poveri, “sottraendo” ai ricchi.
Purtroppo, non è una sceneggiatura: magari lo fosse o lo divenisse.
E' la vera, nonché semplice, storia di una giovane - figlia di una delle tante famiglie bisognose - che, pur di mettere i fratelli al riparo dal freddo, “ruba” 5 maglioni in un negozio di cineseria.
Non ruba 5 maglioni al negozio Armani e tantomeno ruba un abbinamento scarpe, gonna, maglia, cappello, guanti, borsa.
Non ruba dei trucchi.
Ruba 5 maglioni di “scarso” valore venale ma di “necessaria” funzione sociale.
Non ruba sparando o aggredendo ma ruba nel silenzio dell’emarginazione, nell’apnea della disperazione, nella solitudine della denigrazione.
Ruba per un bisogno primario: tutelare la salute dei fratelli.
Ruba, mentre qualche “sciacallo” del nostro tempo litiga sulla governabilità del paese, sulla moralità delle laute indennità politiche, sulla necessità dei benefit.
“Un, due, tre, stella” è un gioco di tempi passati: più si riusciva a rimanere immobili e più si vinceva.
“Un, due, tre, stella”, oggi, non è più quel gioco ma il profitto di un diffuso “fare politica per se stessi”.
Gli attuali partiti, a tutti i livelli di governo territoriale, cercano, spasmodicamente, conferme attraverso “parole” di rinnovamento e di cambiamento.
Ma conferme in chi?
Forse, nella gente che non arriva alla prima settimana del mese?
Forse, nella gente suicida per bisogno, già tumulata?
Forse, nei giovani disoccupati?
Forse, negli anziani sofferenti?
Forse, negli esclusi dalle caste?
Eppure, più esponenti politici “sfrecciano” sui soldi pubblici come fossero eredità familiare ma senza operare, efficacemente, per ridare dignità all’Italia.
Scrivo “sfrecciare” perché l’Italia, oggi, è una palude e se la moltitudine vi sprofonda sempre più è perché  molti esponenti politici non hanno operato, qualitativamente e quantitativamente, in maniera proporzionata alle loro indennità; tali indennità, dovrebbero essere giustificate dal successo dell’azione politica.
Invece, la palude permane, quindi, quella palude è l’inettitudine dei più a governare il paese, a impegnare un seggio parlamentare, ad argomentare per edificare, a fronte di lauti compensi.
E’ l’insuccesso dell’attuale sistema partitico.
Chi paga?
La ragazza che ruba 5 maglioni per evitare la morte da “assideramento” dei fratelli.
L’Italia è uno Stato Sociale (art. 38 Costituzione) che assicura la pari Dignità attraverso l’indissolubile principio di Solidarietà (artt. 2 e 3 Costituzione), garantendo i Livelli Essenziali dei Diritti Civili e Sociali (art. 117 Costituzione), anche per mezzo del Lavoro (art. 1 Costituzione).
L’Italia è una Repubblica Democratica, fondata sul Lavoro, in cui il Popolo è Sovrano (art. 1 Costituzione).
Questa è l’Italia da rappresentare e da governare.
Questa è l’Italia da pretendere.
Questa è l’Italia di Vite che non sono giochi ma esistenze.
Questa è dignitosa responsabilità.

(Copyright 2013)

venerdì 22 marzo 2013

19"72 . . di Antonio Belsito



Era un giorno come tanti; fuori, il sole era alto e il cielo brillava d’azzurro.
Pietro mi aspettava in aeroporto ma non perché lo conoscessi, bensì perché si era reso disponibile al fine di partecipare a un incontro afferente lo sport sano.

Ne riconobbi subito l’immagine sfilata, ossuta.
Avevo visto la sua figura solo attraverso i media, in quello scatto da campione che segnò la storia dei suoi passi e l’orgoglio dell’Italia; avevo ritrovato, tempo dopo, il suo volto maturo in alcuni articoli di giornale afferenti la fondazione dallo stesso costituita al fine di promuovere e tutelare la cultura.
Si, cultura.
Era proprio la cultura dell’esistenza che ne rendeva l’eleganza.

Alzai la mano e lo chiamai - “Pietro”; era a pochi passi da me, fuori dall'aeroporto, era lui.. “la freccia del sud”.
Mi sorrise, alzò la mano come fosse un compagno di scuola e mi raggiunse.
“Ciao, Antonio” - mi disse - “oggi è caldo ma è un bel giorno perché c’è il sole”.
Sembrava conoscermi da sempre.

La sua semplicità era disarmante come il chiarore del sole; ero con un olimpionico campione, ero con un simbolo dello sport, ero con un valore di nome Pietro Mennea.
Me ne accorsi, ancor più, in macchina; lungo la strada, la mia curiosità ne orientò i racconti e la sua voce tornò a quell'impresa sportiva che era divenuta record mondiale (19"72).
Mi disse che non bastavano i muscoli ma necessitava anche il cuore perché ogni scatto era un connubio di emozioni e forza; più sono le emozioni e più s’intensifica la forza di raggiungere il traguardo perché quel traguardo è sudore e lacrime.
Sudore e lacrime hanno il sapore della conquista; si, conquista, proprio così, la conquista di quell'anima che rende autentica l’umanità quale palpito per se stessi e per il prossimo.

Mi disse: “vedi, lo sport è come il sole, bisogna lasciarlo brillare dentro, apprezzandone la luce. Si, lo sport riscalda l’anima, lo sport aggrega”.
Afferrai quella frase per ricordarla, per custodirla nel mio silenzio.

Oggi, Pietro Mennea è in quell'anima riscaldata dal sole.

Quando volge il tramonto, il sole brilla meno ma ciò non significa che scompare perché c’è la luna che può cullare il ricordo del sole.

GRAZIE PIETRO.

(Copyright 2013)

domenica 17 marzo 2013

FRANCESCO . . di Antonio Belsito





FRANCESCO, un nome semplice, privo di complessità.
FRANCESCO, una dizione scorrevole.
FRANCESCO che, sotto le stelle ancora lambite dalla fumata bianca, compare più bianco della fumata, in tutta la sua semplicità: “Buonasera”.
FRANCESCO che, sui tessuti bianchi, porta una Croce “misera”.

E’ FRANCESCO.

Uno sguardo sorpreso dall’immensità di una piazza colorata dall’attesa;
uno sguardo sorpreso dalla luminosità di una piazza che ne grida la presenza;
uno sguardo imbarazzato dall’intensità delle voci che acclamano una Chiesa.
Uno sguardo che giunge “dalla fine del mondo”.

FRANCESCO abbraccia e benedice come fosse nella sua parrocchia, eseguendo Padre Nostro e Ave Maria come inno di forza, come ricerca d’ausilio.

Quella semplice Croce è lì, sulla “veste” bianca.

Segue l’incipit del perdono quale ringraziamento ai cardinali/elettori: “..che Dio vi perdoni..” .       

Inizia la quotidianità quale passo di vita.

FRANCESCO è lì, solo, pronto a pagare il conto del pernottamento, pronto a ricordare quelle notti precedenti la sorpresa divina; Dio, nell’immagine di Gesù, è essenza/essenziale.
FRANCESCO, all’alba del giorno dopo, è uno dei tanti che Gesù rincorre per abbracciare.

FRANCESCO è un nome semplice ma gravoso; un Santo, San Francesco che, pur vivendo nella povertà, affrontava la selva e nella selva accarezzava i lupi così come le colombe.
FRANCESCO era un Santo che cercava la ricchezza nell’anima, accarezzando il cuore.

Forse, è giunto il momento.
Forse, sarà, finalmente, insegnamento.
Quella Croce è lì, nella sua drammatica semplicità, su un “drappo” bianco; quella Croce è già un contrasto divino.

Quella è la Croce.
Quello è il senso dell’abito talare.

(Copyright 2012)


lunedì 11 marzo 2013

S COME SOFIA O COME STAMINALI O COME SALUTE. .O COME. . di Antonio Belsito




Alla Vita.
                         

Si nasce.
Non scegliamo quando nascere.
Non scegliamo, neanche, come e dove venire al mondo.
Non scegliamo..
..ma nasciamo.

Piangiamo, si.
Forse, urliamo.
Le prime lacrime sono i primi vagiti: suoni di vita, carezze col cuore e al cuore.

Un cuore. Uno e uno solo.
Non scegliamo il cuore ma abbiamo il cuore.
Pulsa così forte dentro di noi che non possiamo negarci l’urlo di vita:
siamo nati, si.. e lo sentiamo.

Tutti sentono quando nasciamo perché ci presentiamo,
perché arriviamo e vediamo,
perché siamo.

Urlo, grido.. forse, dico.

Certo, sono un cuore che batte..
..lo senti?
Senti il suono della vita?
E’ già .

E, allora, urlo perché ci sono,
perché voglio esserci,
perché ringrazio di esserci.

E, allora, perché non urlare insieme?
Si, dai, accompagnami in quest’urlo di vita;
sono piccola e se urli con me mi sento grande,
mi sento forte,
sento che..
..sono nata.

In fondo, è solo un urlo come fosse uno squarcio di luce..

Che bello..

La vedi la luce?
Lo senti il fruscio della vita?

Sccccc… (dolce invito al silenzio)

Lasciami ascoltare.

Quello è il mare?
E quelle sono le stelle?
Ma c’è anche il cielo?
Guardaaaaaa.. le nuvole..
..e, ancora, i fili d’erba accarezzati dal vento..
..anche le farfalle.
Ma quelli sono i fiori?
Quanti coloriiiiii.

Li vedi?
Li vedi tu?

Nasciamo, veniamo al mondo, ci siamo.

E’ il mondo; quest’infinito di colori, di luci, di ombre e di buio.
Non scegliamo se esser luce, ombra, buio o colori..
..ma scegliamo di essere..
..certo..perchè ci sentiamo.

Guarda, questa è la mano..
..ma c’è anche l’altra..
..allora, posso muoverle..

Aspetta, provo.

Che bello..mi guardano perché muovo le mani..
..daiiii..
..ora mi accarezzano..
..e io?
Io riesco a stringere un solo dito perché hanno mani giganti..
..ma mi basta!

Questi sono più grandi di me, però sono come me..
..anche loro hanno le mani e sono grandissime..
..guarda..le mie entrano in una sola delle loro.

Vedo che questi camminano anche..
..ora, voglio provare anch’io..
..dai, lasciami fare..
..mmm..non è affatto facile stare in piedi..
..ma sarà bello riuscirci.


(Foto tratte dal servizio di "Le Iene" - Copyright 2013)

P.S. La vita è un diritto universale.                      La cura per la vita, altrettanto.

        

venerdì 8 marzo 2013

"Quelle. ." di Antonio Belsito




“Ciò che rimarrà della nostra breve esperienza su questa terra (che sia inferno, paradiso o purgatorio) sono e saranno le emozioni..
..quelle emozioni degli istanti, quelle emozioni dei secondi, quelle emozioni che non possiamo perdere o lasciare per strada quando le troviamo perché ci sono..
..e sono sul nostro cammino.
Quelle emozioni che sono inaspettate, quelle emozioni che sono improvvise, quelle emozioni incredibili ma che ci sono..
..ci toccano dentro..
..bussano..
..e diventano palpito perché ci entusiasmano..    
..sprigionando in noi fuochi d’artificio, felicità.
Sono emozioni che non possiamo negarci perché sono la vita.. e negarsi la vita significa rinunciare a quella breve esperienza che solo noi possiamo rendere meravigliosa (o, meravigliosamente, eterna).”

(Dipinti di Terenzio Caterina - Copyright 2013)