FRANCESCO, un nome semplice, privo di
complessità.
FRANCESCO, una dizione scorrevole.
FRANCESCO che, sotto le stelle
ancora lambite dalla fumata bianca, compare più bianco della fumata, in tutta
la sua semplicità: “Buonasera”.
FRANCESCO che, sui tessuti bianchi,
porta una Croce “misera”.
E’ FRANCESCO.
Uno sguardo sorpreso dall’immensità
di una piazza colorata dall’attesa;
uno sguardo sorpreso dalla
luminosità di una piazza che ne grida la presenza;
uno sguardo imbarazzato dall’intensità
delle voci che acclamano una Chiesa.
Uno sguardo che giunge “dalla fine
del mondo”.
FRANCESCO abbraccia e benedice come
fosse nella sua parrocchia, eseguendo Padre Nostro e Ave Maria come inno di
forza, come ricerca d’ausilio.
Quella semplice Croce è lì, sulla “veste”
bianca.
Segue l’incipit del perdono quale
ringraziamento ai cardinali/elettori: “..che Dio vi perdoni..” .
Inizia la
quotidianità quale passo di vita.
FRANCESCO è lì, solo, pronto a
pagare il conto del pernottamento, pronto a ricordare quelle notti precedenti
la sorpresa divina; Dio, nell’immagine di Gesù, è essenza/essenziale.
FRANCESCO, all’alba del giorno
dopo, è uno dei tanti che Gesù rincorre per abbracciare.
FRANCESCO è un nome semplice ma
gravoso; un Santo, San Francesco che, pur vivendo nella povertà, affrontava la
selva e nella selva accarezzava i lupi così come le colombe.
FRANCESCO era un Santo che cercava
la ricchezza nell’anima, accarezzando il cuore.
Forse, è giunto il momento.
Forse, sarà, finalmente,
insegnamento.
Quella Croce è lì, nella sua
drammatica semplicità, su un “drappo” bianco; quella Croce è già un contrasto
divino.
Quella è la Croce.
Quello è il senso dell’abito
talare.
(Copyright 2012)
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