giovedì 25 dicembre 2014

Amore e basta . . . di Antonio Belsito




"Ho voglia di urlare

al cuore
col cuore
che il mare
e il cielo
hanno solo un colore;
le ore,
come fossero un motore
(fatica, sudore),
coinvolgono, travolgono,
ricordano.
Volgo 
lo sguardo a terra
corro
coi piedi per terra
sento
che c'è la terra.
E' tutta una guerra
che distrae
contrae
ritrae
ma la vita...
(sì, la vita)
...scusa!
Perché proibita?
Esplodono emozioni
tellurici scossoni
tessuti, aorte, ventricoli:
questi sono i miracoli!
Sentire, guardare, 
capire,
toccare:
non scappare 
perché la terra ha bisogno
di chi sappia annaffiare 
senza fiatare
solo donare
amare.
Amore
non è amaro
non è raro
è un faro
caro
coro
di voci sovrapposte
giustapposte 
contrapposte
opposte.
Rimane l'eco
ma non basta
rimane l'eco
ma non gusta
rimane l'eco...
...è la parola giusta?
Amore e basta."

(Copyright2015)

giovedì 6 novembre 2014

GUERRA! di Antonio Belsito


"Voce
che altra voce
porti via.

Male
che altro male
produci.

Morte 
che di vita
ti sazi.

Prigioniera degli uomini
e altri ne fai...

Guerra,
dalle macabre tonalità
lambisci cuori umani
con disumana mestizia.

Oasi
per gli assetati
di potere.

Ristoro
per gli affaticati
dalla pace.

Amuleto
per gli sfortunati...!!!"

(Dalla silloge poetica "Silenzi" di Antonio Belsito ed. Il Filo 2008)



(Video "NO WAR" : Regia/soggetto/performer Michele Belsito)
(Copyright2014)

mercoledì 22 ottobre 2014

Privo senza capire il "vuoto" di Antonio Belsito



Se fossi un pupazzo mi calamiterebbe 

un mondo di cartone 

e sprofonderei nella tonalità 

di ogni colore. 


Vagherei tra tessuti e plastiche 

nell'imperturbabile essenza 

che diverte.

Mi perderei, in acrobazie, tra le mani 

di giocolieri.

Sarei lo schianto a ogni caduta 

o il volo a ogni lancio.

Diverrei pioggia tra la pioggia 

o sole tra il sole ma, anche, 

sasso tra i sassi o rifiuto tra i rifiuti. 

Sarei cosa in me o "compagno" 

o, ancora, "avversario" 

nella fantasia degli altri.

Solo senza soffrire di solitudine.

Insensibile senza patire la sensibilità.

Egoista senza sapere dell'altruismo.

Asettico senza necessità di un sorriso 

o di una lacrima.

Morto senza vita.

Privo.

Sì, privo senza capire il 'vuoto'.

(Copyright2014)

domenica 12 ottobre 2014

Nulla è quiete... di Antonio Belsito





" Nulla è quiete

ché cadono anche le stelle

nel cielo che culla;

ché passa il sangue nelle vene

a flusso veloce

e non si sente rumore;

ché quando apri gli occhi

entri nella stanza del mondo

eppure i passi non si percepiscono;

ché quando pensi o 

quando ricordi o

quando sogni

s'aprono cassetti 

nel silenzio di giorni;

ché una lacrima bagna

come fosse onda

eppure sembra carezzare

come fosse 

brina."

(Copyright 2014)

martedì 7 ottobre 2014

READING/SPETTACOLO "QUANDO" IN TOUR di Antonio Belsito


























"Quando" – trasposizione del libro “Quando” di Antonio Belsito in distribuzioneFeltrinelli (http://www.lafeltrinelli.it/libri/belsito-antonio/quando/9788891072368) - vuole essere uno spettacolo/viaggio attraverso l'esistenza o le esistenze che divengono emozioni differenti quali colori di un vissuto.
Il "quando" è l'istante, il momento, la bussola che orienta un percorso di vita.
Ogni momento diventa una tessera del mosaico dell'esistenza, quindi proprio ogni momento è un valore da non disperdere, bensì da vivere. 
Il "quando" diventa scansione incessante di ogni essere, quella finestra o quella porta da aprire (e da non chiudere) per apprezzare (e per comprendere) l'esistenza autentica.
A volte, basterebbe soffermarsi in ogni "quando" per non perdere quella tavolozza di colori che diventa l'arcobaleno di una Vita.
Spesso, diventa difficile emozionarsi o, addirittura, si "patisce" l'emozione; allora, tutto sembra più difficile, se non impossibile.
Eppure, basterebbe guardare - un istante - con gli occhi di un fanciullo per capire...

        "Q U A N D O".

Regia di Michele Belsito 
Testi/Interpretazione di Antonio Belsito
Musiche di Aldo Tomaino, Domenico D'Agostino e Linda Adamo




Info e Contatti Tour: antonioannunziato.belsit@tin.it

lunedì 15 settembre 2014

READING/SPETTACOLO "QUANDO" IN TOUR di Antonio Belsito



















"Quando" – trasposizione del libro “Quando” di Antonio Belsito in distribuzioneFeltrinelli (http://www.lafeltrinelli.it/libri/belsito-antonio/quando/9788891072368) - vuole essere uno spettacolo/viaggio attraverso l'esistenza o le esistenze che divengono emozioni differenti quali colori di un vissuto.
Il "quando" è l'istante, il momento, la bussola che orienta un percorso di vita.
Ogni momento diventa una tessera del mosaico dell'esistenza, quindi proprio ogni momento è un valore da non disperdere, bensì da vivere.
Il "quando" diventa scansione incessante di ogni essere, quella finestra o quella porta da aprire (e da non chiudere) per apprezzare (e per comprendere) l'esistenza autentica.
A volte, basterebbe soffermarsi in ogni "quando" per non perdere quella tavolozza di colori che diventa l'arcobaleno di una Vita.
Spesso, diventa difficile emozionarsi o, addirittura, si "patisce" l'emozione; allora, tutto sembra più difficile, se non impossibile.
Eppure, basterebbe guardare - un istante - con gli occhi di un fanciullo per capire...

        "Q U A N D O".

Regia di Michele Belsito 
Testi/Interpretazione di Antonio Belsito
Musiche di Aldo Tomaino, Domenico D'Agostino e Linda Adamo






Info e Contatti Tour: antonioannunziato.belsit@tin.it

martedì 2 settembre 2014

Giuramento di Ippocrate di Antonio Belsito



Si giura per suggellare quella vocazione interiore che non è, semplicemente, competenza professionale ma, soprattutto, espressione spirituale.
C’è dello spirito, c’è dell’animanell'operosità di un medico perché le mani accolgono il dolore altrui, perché le mani toccano la sofferenza altrui, perché le mani accarezzano, anche, la morte altrui.
Ci sono pazienti che sono persone, sono uomini, sono anime e non possono e non potranno mai essere semplici numeri.
Ci sono occhi che guardano con speranza, ci sono occhi che guardano con abbattimento, ci sono occhi che guardano e sono lacrime.

Ci sono cuori.

La prontezza di un medico dovrebbe essere pari alla necessità di un paziente: sono istanti in cui si stringono delle mani, ci si guarda, e si scopre quel patimento fisico che dovrebbe divenire condivisione.

Condivisione, si.

Medico e paziente dovrebbero diventare un tutt'uno: i dolori dell’uno sono le preoccupazioni dell’altro, la sofferenza dell’uno è la premura dell’altro, i timori dell’uno sono le ansie dell’altro.

Ci si incolla.

Il paziente dovrebbe custodire in sé la forza del medico e il medico dovrebbe custodire in sé gli occhi del paziente.

Sono istanti in cui i cuori battono all'unisono per la vita.

Ci sono neonati e si attende che emettano il primo grido perché respirino l’esistenza.
Ci sono bambini e si cerca di interpretarne i sintomi attraverso un sorriso e una trovata goliardica.
Ci sono adolescenti e si cerca di capirne il problema tra singhiozzi d’insicurezza e sussulti d’impulsività adulta.
Ci sono adulti, anziani, vecchi che guardano, recando con sé il ricordo di una vita e stringono i pugni nella consapevolezza delle parole.
Ci sono mamme e papà che vorrebbero continuare ad abbracciare i figli.
Ci sono nonni che vorrebbero continuare a stringere i nipoti.
Ci sono figli che vorrebbero, ancora, dare la buonanotte ai genitori.

Ci sono vite.

Vite.

Allora, ogni battito è un istante da non perdere: bisogna correre con la mente e col cuore, bisogna correre tra anamnesi, diagnosi e terapie, bisogna sentire il magone in gola.
Bisogna correre con le gambe e con le braccia, tra parenti e astanti, col sole in sala operatoria o con la pioggia tra i reparti, bisogna correre perché ogni battito è una rincorsa che potrebbe far continuare una vita.

Sono strette allo stomaco.
Sono apnee.
Sono pugni battuti su tavoli operatori o su letti di degenza.
Sono parole tremule.
Sono pupille che si dilatano e denti che si stringono.
Sono probabilità.
Sono certezze.
Sono colori che sfuggono e che ritornano.
Sono emergenze.

Uomini.

Uomini.

Come si fa a sfuggire a un grido di dolore?
Come si fa a raggirare occhi sofferenti?
Come si fa a camuffare le parole?
Come si fa a non sentire e come si fa a non vedere?

Giuro è il grido del paziente;
giuro è l’ansia del medico;
giuro è la sofferenza del paziente;
giuro è il coraggio del medico;
giuro è la paura del paziente;
giuro è la premura del medico;
giuro sono mani che si stringono, occhi che si abbracciano, vite che si donano.
Giuro sono neonati, bambini, adulti, anziani, vecchi, mamme, papà, figli.

Giuro.

(Copyright 2014)


sabato 23 agosto 2014

Lasciati scovare dalla vita di Antonio Belsito


Guarda in alto e non lasciarti mai cadere.

Plana.

Cerca nell'intensità del cielo azzurro, corri tra le nuvole, accarezza il sole.

Attendi la luna per raccontare il sogno e le stelle per accendere il desiderio.

Pretendi la fantasia e non lasciarla.

Insegui l'anima senza farti accorgere, gioca a nascondino e lasciati scovare dalla vita.
(Copyright 2014)
da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/racconti/mini-racconti/racconto-227370-1>

giovedì 14 agosto 2014

Enrico Berlinguer: il comunismo dell'uomo, non l'uomo del comunismo di Antonio Belsito





Il senso più alto dell'istituzione, la ragione democratica di una nazione, la coscienza critica di un uomo, l'onestà intellettuale del politico. 
Enrico Berlinguer era un UOMO di coscienza; la politica non può prescindere dalla coscienza quale consapevolezza dell'onestà e conoscenza degli altri. 

Berlinguer lo aveva capito giovanissimo, allorquando la fame portò i più a "saccheggiare" i forni per nutrirsi con un tozzo di pane ed egli, nell'occasione, fu accusato di istigazione. 

Se una comunità ha fame significa che la politica "non funziona" e che la predetta comunità è dimenticata da chi ha il dovere di "fare politica" per tutti e non per pochi. 

Il pane e' ed era un diritto di tutti e non di alcuni; focalizzare la tutela di diritti comuni solo su alcuni (e non su tutti) significa "estorcerne" qualche voto. 
Il pane dato a pochi non è politica ma è infima azione di politicanti beceri che definiscono il loro serbatoio di voto a discapito dei più, speculando sul bisogno di chi ha diritto al pane: il pane non è un favore del politicante ma un diritto di cittadinanza democratica. 
Enrico Berlinguer era uno strenuo difensore del giusto, del merito, dei diritti e dei doveri tant'è che, accortosi di un "uso improprio" della "cosa pubblica", sollevò - per primo - la questione morale. 
La politica aveva "perso" il fine nobile della cura dell'interesse generale per soddisfare interessi particolari, lobbistici, di pochi o per utilizzare il bisogno dei molti quale tornaconto (proprio come accade oggi!!). 
Questa era la politica che Enrico Berlinguer invitava a uscire dalle istituzioni, a lasciare le istituzioni, per preservare lo spirito democratico della nazione: l'anima del popolo. 

Il popolo, per Enrico, era e doveva essere tutto. 

Il popolo nella sua interezza, senza figli e figliastri, doveva essere (e dovrebbe essere) la ragione della politica perché la politica esisteva (ed esiste) per il popolo. 

Berlinguer anelava alla purezza di governo, quella purezza che è "fare per tutti", essere per tutti, quella purezza che è solidarietà nazionale, solidarietà di comunità, solidarietà tra uomini, perché ognuno e' responsabile di se stesso e del prossimo. 
Ecco perché, Enrico, incontrò un altro UOMO della politica, coscienzioso e responsabile, Aldo Moro. 
Due UOMINI dall'alto valore etico che, pur di colori partitici diversi, si schierarono col popolo perché il popolo non è colore partitico, bensì comunità che necessita di azioni governative favorevoli affinché il benessere sia comune. 

Si gridò, per la prima volta, al compromesso storico. 

Non era un'arma letale ma voleva essere una comunione di istanze di sana politica in favore della nazione: una progettualità di riforme sociali ed economiche avvertite come necessarie e indispensabili dai leader delle più grandi forze politiche nazionali. 

Enrico credeva, fermamente, nelle istituzioni perché queste erano l'avamposto della legalità, della democrazia, tant'è che non gradiva imperativi partitici condizionanti il sano operare dell'istituzione in quanto tale. 

L'istituzione era la difesa più strenua del popolo e non doveva abbandonare il popolo. Difatti, si scostò finanche dalla linea sovietica - abolendo l'obbligatorietà per le giovani leve comuniste di "passare" dalla formazione URSS, criticando le invasioni dell'armata rossa e tanto altro ancora - perché le istituzioni non erano proprietà privata dei partiti, bensì il bene supremo della democrazia che non si deve e non si può identificare in individualità politiche. 

Il politico e' solo uno strumento, un veicolo, per la realizzazione delle istanze del popolo che non significa "a te dono perché mi voti o a te faccio il favore di..." ma significa elaborare una progettualità di sostegno per tutti, mediante competenze e attitudini. 

"Casualmente", questo fare "prodigo" di democrazia e coscienza portò a degli eventi drammatici per Moro (rapito e ucciso dalle brigate rosse) e non meno drammatici per Berlinguer (patì, dapprima, un "incidente-attentato" a Sofia ove fu investito da un camion militare nel periodo della sua linea critica avverso l'URSS e, successivamente, sopraggiunse la "morte" nel corso di un sentito comizio in quel di Padova ove gridava, con intensità e determinazione, al rinnovamento necessario per cambiare e migliorare perché se si sta tra il popolo non si può dimenticare il popolo!). 

Enrico morì tra quel popolo che era sempre stato al centro del suo cuore e per il quale, anche, il cuore aveva ceduto. 

Critico', duramente, le BR e assunse un atteggiamento di ferma condanna perché - uccidendo - si negava la via del dialogo, quel dialogo tanto auspicato da Berlinguer e da Moro, ancor prima che divenisse pretesto di eversione, quel dialogo che, certamente, era mancato ma poteva essere recuperato con un'operazione di conversione democratica. 

Enrico Berlinguer non era l'uomo del comunismo; Enrico Berlinguer era il comunismo dell'uomo cioè quella comunione di emozioni, intenti, parole, pensieri, riflessioni, critiche, necessaria per risollevare le sorti di un'Italia desiderosa di riscatto. 


Enrico Berlinguer era il popolo, era strenuo difensore del popolo, quel popolo - oggi - bistrattato. 

                                              (Copyright 2014)

martedì 22 luglio 2014

Lacrime di Antonio Belsito

Tutto comincia così.

Un urlo strenuo e un vagito rauco.
Un pianto, anzi, due pianti.
Poi, piangono tutti i presenti.
Una pancia, ancora ovale, e uno “scricciolo” sopra che affonda nella morbidezza materna.
Lacrime d’emozione anche per gli estranei.
Poi, ti ritrovi a piangere perché, mentre cammini a gattoni, vorresti alzarti, inerpicarti lungo una sedia, ma cadi.
Ancora cadi.
Piangi quando i tuoi ti dicono “chiudi gli occhi” – e tu non capisci – “apri gli occhi” e ti ritrovi davanti al primo giocattolo.
Diventa il primo amico, compagno di giochi.
Piangi quando rimani dai nonni o con la babysitter perché i genitori mancano e, allora, si cerca la loro presenza in quel giocattolo.
Là, ci sono i loro sguardi.

Piangi.

Piangi quando tornano, mentre corri “senza freno” verso la porta perché ne hai sentito, a malapena, le voci.
Non capisci perché ti ritrovi in una stanza con tanti altri bambini come te, seduti, mentre vesti un grembiule che ti costringe.

Piangi.

Senti urlare, per la prima volta, i tuoi e quelle urla non ti sanno come i sorrisi che hai conosciuto nel ricevere il giocattolo e piangi.
Poi, i tuoi cercano di spiegarti o di spiegarsi oppure non spiegano proprio e giunge una strana sensazione di stretta al cuore. 

Si piange.

Arrivano i libri, i compiti, si susseguono diari e penne, note e annotazioni.
Si “stecca” a qualche interrogazione, si litiga col compagno di banco, si corre verso casa perché a scuola ci si è sentiti un po’ soli.

Pianti.

Sono sguardi che inseguono rossori o rossori che colorano sguardi: “è quella della III E…mi piace da morire!!” – esclami nel seguirla senza farti accorgere.
A un tratto, lei si gira, tu ti mummifichi, lei si avvicina, tu cerchi di allontanarti ed è un bacio.
Non riesci neanche a guardarla negli occhi e corri fuori dalla scuola per allontanarti il più possibile.
Il cuore non vuole fermarsi, mentre pensi quanto sarà difficile - l’indomani - ritrovarne lo sguardo.
Comunque, cerchi il suo bacio, scorrendo con la mano sulla tua guancia e ti emozioni. 

Lacrime.

Lacrime, anche, quando un giorno di pioggia – uscendo da scuola – il papà del tuo compagno di banco ti dice “se fossi arrivato prima, ti avrei accompagnato a casa, ora sono pieno!” e tu – boccheggiando nella pioggia copiosa – cammini a testa bassa lungo il marciapiede, rasentando i muri.
Piangi perché vorresti raggiungere i tuoi amici al mare o vorresti che venissero loro a casa.
Sono foto, scritte alla lavagna, baci e abbracci: si è maturandi e si ha paura della felicità di diplomarsi.

Sono lacrime congiunte.

Ti fermi, apri la finestra, e il tuo sguardo si perde nel cielo azzurro.
Torni, stai per chiudere la finestra, e il tuo sguardo si perde tra stelle sorridenti.
Ti butti sul letto e sono occhi lucidi.

Piangi e quelle lacrime ti riempiono.


(Copyright 2014)