Si giura per
suggellare quella vocazione interiore che non è, semplicemente, competenza
professionale ma, soprattutto, espressione spirituale.
C’è dello
spirito, c’è dell’anima, nell'operosità di un medico perché le mani accolgono
il dolore altrui, perché le mani toccano la sofferenza altrui, perché le mani
accarezzano, anche, la morte altrui.
Ci sono
pazienti che sono persone, sono uomini, sono anime e non possono e non potranno
mai essere semplici numeri.
Ci sono
occhi che guardano con speranza, ci sono occhi che guardano con abbattimento,
ci sono occhi che guardano e sono lacrime.
Ci sono
cuori.
La prontezza
di un medico dovrebbe essere pari alla necessità di un paziente: sono istanti
in cui si stringono delle mani, ci si guarda, e si scopre quel patimento fisico
che dovrebbe divenire condivisione.
Condivisione,
si.
Medico e
paziente dovrebbero diventare un tutt'uno: i dolori dell’uno sono le
preoccupazioni dell’altro, la sofferenza dell’uno è la premura dell’altro, i
timori dell’uno sono le ansie dell’altro.
Ci si
incolla.
Il paziente dovrebbe
custodire in sé la forza del medico e il medico dovrebbe custodire in sé gli
occhi del paziente.
Sono istanti
in cui i cuori battono all'unisono per la vita.
Ci sono
neonati e si attende che emettano il primo grido perché respirino l’esistenza.
Ci sono
bambini e si cerca di interpretarne i sintomi attraverso un sorriso e una
trovata goliardica.
Ci sono
adolescenti e si cerca di capirne il problema tra singhiozzi d’insicurezza e
sussulti d’impulsività adulta.
Ci sono adulti,
anziani, vecchi che guardano, recando con sé il ricordo di una vita e stringono
i pugni nella consapevolezza delle parole.
Ci sono
mamme e papà che vorrebbero continuare ad abbracciare i figli.
Ci sono
nonni che vorrebbero continuare a stringere i nipoti.
Ci sono
figli che vorrebbero, ancora, dare la buonanotte ai genitori.
Ci sono
vite.
Vite.
Allora, ogni
battito è un istante da non perdere: bisogna correre con la mente e col cuore, bisogna
correre tra anamnesi, diagnosi e terapie, bisogna sentire il magone in gola.
Bisogna correre
con le gambe e con le braccia, tra parenti e astanti, col sole in sala
operatoria o con la pioggia tra i reparti, bisogna correre perché ogni battito
è una rincorsa che potrebbe far continuare una vita.
Sono strette
allo stomaco.
Sono apnee.
Sono pugni
battuti su tavoli operatori o su letti di degenza.
Sono parole
tremule.
Sono pupille
che si dilatano e denti che si stringono.
Sono
probabilità.
Sono
certezze.
Sono colori
che sfuggono e che ritornano.
Sono
emergenze.
Uomini.
Uomini.
Come si fa a
sfuggire a un grido di dolore?
Come si fa a
raggirare occhi sofferenti?
Come si fa a
camuffare le parole?
Come si fa a
non sentire e come si fa a non vedere?
Giuro è il
grido del paziente;
giuro è
l’ansia del medico;
giuro è la
sofferenza del paziente;
giuro è il
coraggio del medico;
giuro è la
paura del paziente;
giuro è la
premura del medico;
giuro sono
mani che si stringono, occhi che si abbracciano, vite che si donano.
Giuro sono
neonati, bambini, adulti, anziani, vecchi, mamme, papà, figli.
Giuro.
(Copyright 2014)
Nessun commento:
Posta un commento