Tutto comincia così.
Un urlo strenuo e un vagito rauco.
Un pianto, anzi, due pianti.
Poi, piangono tutti i presenti.
Una pancia, ancora ovale, e uno “scricciolo” sopra che affonda nella morbidezza materna.
Lacrime d’emozione anche per gli estranei.
Poi, ti ritrovi a piangere perché, mentre cammini a gattoni, vorresti alzarti, inerpicarti lungo una sedia, ma cadi.
Ancora cadi.
Piangi quando i tuoi ti dicono “chiudi gli occhi” – e tu non capisci – “apri gli occhi” e ti ritrovi davanti al primo giocattolo.
Diventa il primo amico, compagno di giochi.
Piangi quando rimani dai nonni o con la babysitter perché i genitori mancano e, allora, si cerca la loro presenza in quel giocattolo.
Là, ci sono i loro sguardi.
Piangi.
Piangi quando tornano, mentre corri “senza freno” verso la porta perché ne hai sentito, a malapena, le voci.
Non capisci perché ti ritrovi in una stanza con tanti altri bambini come te, seduti, mentre vesti un grembiule che ti costringe.
Piangi.
Senti urlare, per la prima volta, i tuoi e quelle urla non ti sanno come i sorrisi che hai conosciuto nel ricevere il giocattolo e piangi.
Poi, i tuoi cercano di spiegarti o di spiegarsi oppure non spiegano proprio e giunge una strana sensazione di stretta al cuore.
Si piange.
Arrivano i libri, i compiti, si susseguono diari e penne, note e annotazioni.
Si “stecca” a qualche interrogazione, si litiga col compagno di banco, si corre verso casa perché a scuola ci si è sentiti un po’ soli.
Pianti.
Sono sguardi che inseguono rossori o rossori che colorano sguardi: “è quella della III E…mi piace da morire!!” – esclami nel seguirla senza farti accorgere.
A un tratto, lei si gira, tu ti mummifichi, lei si avvicina, tu cerchi di allontanarti ed è un bacio.
Non riesci neanche a guardarla negli occhi e corri fuori dalla scuola per allontanarti il più possibile.
Il cuore non vuole fermarsi, mentre pensi quanto sarà difficile - l’indomani - ritrovarne lo sguardo.
Comunque, cerchi il suo bacio, scorrendo con la mano sulla tua guancia e ti emozioni.
Lacrime.
Lacrime, anche, quando un giorno di pioggia – uscendo da scuola – il papà del tuo compagno di banco ti dice “se fossi arrivato prima, ti avrei accompagnato a casa, ora sono pieno!” e tu – boccheggiando nella pioggia copiosa – cammini a testa bassa lungo il marciapiede, rasentando i muri.
Piangi perché vorresti raggiungere i tuoi amici al mare o vorresti che venissero loro a casa.
Sono foto, scritte alla lavagna, baci e abbracci: si è maturandi e si ha paura della felicità di diplomarsi.
Sono lacrime congiunte.
Ti fermi, apri la finestra, e il tuo sguardo si perde nel cielo azzurro.
Torni, stai per chiudere la finestra, e il tuo sguardo si perde tra stelle sorridenti.
Ti butti sul letto e sono occhi lucidi.
Piangi e quelle lacrime ti riempiono.
(Copyright 2014)